Streghe da favola!
- ilgiardinodibastet
- 16 ott 2019
- Tempo di lettura: 3 min
Per lunghissimo tempo la parola “Strega” è stata connessa all’immagine di una megera dal naso aquilino e brufoloso, coi capelli crespi e giallastri che fa vita ritirata in qualche antro ai margini dei villaggi circondata da gatti, ragni, serpenti e civette. Sono streghe la velenosissima regina di Biancaneve e la cannibale col diabete di tipo 1 di Hansel e Gretel.
Lo è Malefica nella Bella addormentata nel bosco anche se, in fondo, tutti abbiamo una zia che reagisce in maniera esagerata se non viene invitata ad un battesimo e non per questo la chiamiamo strega!
Diciamo che le favole tradizionali sono sempre state abbastanza impietose nel delineare questo ruolo, contrapponendogli come antitesi vincente la gentile e sfortunata principessa o la fatina buona dalle mille virtù. Col progredire dei tempi, e se me lo permettete anche della concezione della donna, l’immaginario favolistico è mutato mostrandosi più clemente. Le streghe sono diventate donne autonome ed affascinanti come le sorelle Halliwell, hanno varcato a testa alta le porte di Hogwarts o semplicemente sono diventate più simpatiche.

C’è un filo conduttore che lega però tutte le streghe dell’epoca moderna, a prescindere dall’atteggiamento più o meno favorevole
nei loro confronti, ed è LA FAVOLA.
Tutte le streghe del nostro immaginario collettivo appartengono al mondo della fantasia, e poco importa dopotutto se tifiamo per loro o no. C’è stato un tempo però in cui le streghe erano talmente reali da avere un corpo da torturare o bruciare sul rogo, in cui erano condannate a nascondersi e vivere nell’ombra dentro alla quale poi sono rimaste. E’ la paura che è nata dalle ceneri dei fuochi dell’inquisizione che ha condannato le streghe a lasciare la realtà per essere confinate nella fantasia, ma a loro volta quei fuochi sono gli stessi che hanno inverato quelli che erano solo dei deliri, pura immaginazione.
E’ la paura delle donne che ha dato origine alle streghe, o forse è stata la paura delle streghe che ha ingenerato l’odio per le donne. I due concetti sono imprescindibili, è la natura dell’essere Donne quella di essere anche streghe, anche se non tutte le donne lo sono con la D maiuscola.
“Si deve dire l’eresia delle Streghe e non degli stregoni, questi contano poco” diceva Sprenger negli anni dell’inquisizione. La rivalutazione del termine “strega” è una questione di riscatto del genere femminile, una parola di cui le donne si dovrebbero riappropriare e che gli uomini dovrebbero omaggiare. Come fece Jules Michelet, scrittore francese a cavallo tra il 1700 e il 1800, che nel suo “La strega”, in un momento di impareggiabile umiltà maschile e con l’occhio critico dello storico, indaga e scopre finalmente i motivi che hanno portato all’inquisizione.
“Natura le ha fatte streghe”. E’ il genio proprio della donna e il suo temperamento. Nasce Fata. Per il regolare ricorso all’esaltazione è Sibilla. Per amore è Maga. Per acume, malizia, è Strega e dà la sorte, almeno placa, inganna i mali… Il prete intuisce tutto il pericolo, il nemico; la terribile rivalità è in lei, che lui mostra di disprezzare la sacerdotessa della natura. "
Per chi si avvicina al Paganesimo, qualunque sia la corrente alla quale aderiate, resuscitare la Strega, riportarla dal mondo della fantasia a quello del reale, è un obbligo.
“La Sibilla prediva la sorte, la Strega la fa. Ecco la grande, autentica differenza. Lei chiama, cospira, opera il destino. Non è l’antica Cassandra che tanto bene conosceva l’avvenire, lo lamentava, l’attendeva. Lei lo crea. Più di Circe, di Medea, possiede la verga del miracolo naturale, e per sostegno e sorella ha la natura. Tratti del Prometeo moderno son già suoi. Con lei ha inizio l’industria, specialmente l’industria sovrana, che guarisce, rinnova l’uomo. Al contrario della sibilla, che sembrava osservare l’aurora, lei osserva il tramonto: ma è proprio il grigio tramonto ad offrire (come sulle vette delle Alpi) molto prima dell’aurora, un’alba precoce del giorno.”
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