
FESTA DEL BOSCO
4 ottobre
Quando entri in un bosco popolato da antichi alberi, più alti dell’ordinario, e che precludono la vista del cielo con i loro spessi rami intrecciati, le maestose ombre dei tronchi, la quiete del posto, non ti colpiscono con la presenza di una divinità?
Seneca
Al di là di tutte le differenze che il tempo, la storia, la geografia e il pregiudizio abbiano potuto disseminare tra le popolazioni umane, c’è un elemento che le accomuna tutte. E’ il sentimento del Mistero.
Quell’invincibile incomprensione delle ragioni ultime dell’essere, il motivo per cui siamo e ciò che ci attende quando finiremo di esistere.
Le grandi religioni monoteiste hanno fornito, tutte indistintamente, risposte intrise di antropocentrismo. Siamo perché qualcun altro che E’ ha deciso di crearci a sua immagine e somiglianza, a lui ci ricongiungeremo dopo la vita terrena e, fintanto che siamo sulla Terra, tutto ciò che esiste è a nostro servizio perché siamo “Il popolo di Dio”. Un Dio che è uomo anche lui, che prova rabbia e che perdona. La creazione monoteistica presuppone un atto demiurgico, richiede progettualità, volontà, consapevolezza. Non è ammesso il caso.
Prima di tutto questo altre religioni avevano dato altre risposte, seppur non molto dissimili. I greci e i romani immaginavano anche loro degli Dei antropomorfizzati, pieni di difetti e di debolezze, ma rispetto ai quali l’umanità godeva di un trattamento meno privilegiato. I campi elisi, che pur possiamo dire il prototipo del paradiso, avevano una connotazione ancora molto naturale, un enorme prato ricco di frutti e di sorgenti nel quale incontrare tutti gli antenati e i compagni persi durante il viaggio. Non era previsto il ricongiungersi a Dio.
Ma ancora prima dei greci e dei romani, altri popoli si interrogavano sul mistero della vita e si fornivano delle risposte forse più rudimentali, nel senso di intuitive, immediate,ma non per questo semplici. Popolazioni come quella celtica avevano un’attenzione particolare nei confronti della Natura, con la quale vivevano in perfetta compenetrazione. Non costruivano templi, e meno che mai chiese, nei boschi veneravano i boschi.
Il bosco esercita sull’uomo una suggestione eterna che sopravvive a qualunque deriva religiosa. All’interno di esso sono sparse tutte le parole che compongono il discorso della vita, sono sussurri per chi è capace di ascoltare. Perdersi per il bosco è un’esperienza sciamanica da intraprendere con tutto il corpo.
Se avete mai percorso lucidamente un viaggio nel regno degli alberi, potreste aver avuto la fortuna di imbattervi e notare un punto particolare, in cui gli alberi non crescono ma, a cerchio, si dispongono attorno ad uno spazio vuoto. E’ quello che i celti chiamavano “Nemeton”, il santuario, il punto di mezzo, quello che la giornata del 4 ottobre vuole festeggiare.
Il nemeton era un luogo sacro per i celti, all’interno del quale i druidi celebravano rituali di armonizzazione della natura e impartivano le loro lezioni tramandando parte del loro sapere. E’ un punto di convergenza delle energie, il centro del bosco che è anche un centro metaforico. Il nemeton è il punto di equilibrio da raggiungere e all’interno del quale rifugiarsi, un locus amenus del bosco e nel nostro intimo dentro al quale rannicchiarsi protetti dalla saggezza degli alberi. Gli stessi alberi che tanto erano cari ai celti, che su essi avevano fondato il loro , è che prima di tutto erano sacri. L’Yggdrasil, l’albero sacro, affonda le sue radici nelle ragioni più profonde dell’essere, e si staglia imponente nella materialità di questo mondo che a sua volta è solo una fase intermedia prima di raggiungere la proiezione dei rami. Questi, con le loro forme, scrivono lettere sul cielo stellato, il grande vuoto, quell’enorme mistero che da sempre ci sovrasta.